“Contro i medici 300.000 cause pendenti, nel 95% dei casi vengono prosciolti”. Questo è il titolo di un articolo apparso qualche giorno fa su numerose testate giornalistiche online e rilanciato dalle agenzie di stampa.
I numeri di cause pendenti nei nostri tribunali contro medici e strutture sono allarmanti e non sembrano destinati a diminuire. Sul web si sta facendo nuovamente strada la convinzione che la panacea di tutti i mali sia l’”Arbitrato” o l’utilizzo di altri istituti per la soluzione alternativa delle controversie.
Sono tutte esperienze mutuate dai paesi di common law che tuttavia hanno sempre avuto poca aderenza con il nostro diritto romano.
Difendo i medici nelle aule dei Tribunali da molto tempo e, per esperienza personale, ritengo che la soluzione non sia quella di spostare il problema da un’altra parte. Nessun sistema di risoluzione alternativa delle controversie, arbitrato compreso, potrà garantire la riduzione del contenzioso se non esiste una reale volontà delle parti di trovare una soluzione amichevole.
E di solito per “soluzione amichevole” si intende accordarsi con l’avvocato del paziente/querelante su quanti soldi l’azienda ospedaliera, l’assicurazione (ove esistente) o il medico debbano mettere sul tavolo per ottenere la remissione della querela…
Va poi sicuramente sfatato il mito che l’Arbitrato sia meno costoso. Tutt’altro… Se andare in Tribunale costa (perché bisogna pagare il contributo unificato, oltre gli avvocati e i periti), in un Arbitrato – oltre ai costi di segreteria – bisognerà mettere mano al portafoglio per pagare gli Arbitri, cioè chi giudicherà i medici. E chi paga? Beh, o il medico o la sua assicurazione, se ce l’ha. Non basta. Il medico per difendersi davanti a un collegio arbitrale che fa? Si difende forse da solo?
L’arbitrato, soprattutto se di tipo rituale, quindi dove la decisione del collegio ha il valore di sentenza di primo grado – come se fosse emessa da un giudice di Tribunale, per intenderci – non è un ritrovo tra medici dove, mettendosi una mano sulla coscienza e l’altra sul portafoglio ci si mette d’accordo. Non funziona così.
L’arbitrato è un processo vero e proprio, solo che il giudice (o i giudici, in caso di collegio arbitrale) è “privato” e va pagato.
Il medico dovrà farsi assistere dal proprio legale di fiducia, sperando che sia esperto di responsabilità sanitaria, e dovrà pagarsi naturalmente anche il proprio consulente tecnico di parte, per le perizie. Altrimenti gli Arbitri su che cosa decidono?
Il problema del contenzioso contro i medici non sta a valle, ma a monte del fenomeno. Non è colpa dei tempi della giustizia se ogni anno vengono intentate oltre 35.000 cause contro i medici. Se l’obiettivo è quello di disincentivare le azioni legali che vengono intentate contro i medici e disinnescare i costi oramai esorbitanti che la medicina difensiva comporta per la collettività, esistono molti altri modi.
Il più immediato è certamente la condanna alle spese del giudizio per lite temeraria. Infine, se esiste un forte clima di sospetto la colpa non è sicuramente dei medici. Il tema è delicato e non esistono soluzioni veloci ed economiche, ma certamente continuare a inserire altri filtri rischia di falsare ancora di più il rapporto tra medico e paziente.
Credo che sia davvero arrivato il momento di puntare in modo chiaro e trasparente sulla gestione dell’errore clinico: l’evento avverso non dovrebbe essere vissuto come una colpa ma come un’occasione di insegnamento e un momento in cui forse ciascuno di noi potrà dare il proprio contributo.